L'isola infernale

Guardavamo dal finestrino e il mare sembrava abbastanza mosso, non c’erano ancora state turbolenze. Willy si alzò per andare a chiedere al pilota se ci fossero problemi nel viaggio e quanto mancava per arrivare in Nuova Zelanda, la meta delle nostre ricerche. Mentre camminava verso la cabina di pilotaggio, ci fu un vuoto d’aria. L’aereo precipitò in mare prima che arrivassimo a destinazione. I piloti morirono nell’impatto, io e gli altri ci salvammo e cercammo di prendere tutto quello che riuscimmo a trovare per sopravvivere.
L’aereo sprofondò. 
Nuotammo verso un’isola di cui non sapevamo niente. Arrivati a riva, la prima cosa fatta fu controllare le condizioni di tutti. Notammo che mancava Jack e allora decidemmo di cercarlo lungo la spiaggia con le poche forze che ci erano rimaste. Lo vedemmo steso a terra e corremmo verso di lui: non respirava più. 
Decidemmo di scavare una buca dove seppellirlo. 
In seguito, trovammo il modo per accendere il fuoco per poterci scaldare e provammo a dormire. 
Il mattino seguente decidemmo di esplorare la foresta che si stendeva alle spalle della spiaggia. A un certo punto Andrea sparì. Ci guardammo un po’ in giro, ma non trovammo tracce della sua presenza da nessuna parte; allora, pensammo che sarebbe stato meglio cercare un riparo per la notte. Trovammo un buon punto: con le nostre poche risorse e con quello che ci dava la natura, costruimmo un rifugio. 
Durante la notte sentimmo dei rumori strani; Steve uscì per vedere cosa fosse. All’improvviso lo vedemmo a terra, con una freccia nella schiena. E d’un tratto, una raffica di frecce si diresse verso di noi. Scappammo verso la spiaggia. Lungo la costa trovammo una casetta in legno dove nasconderci dai presunti inseguitori e lì trascorremmo il resto della notte, riposando poco e male: ogni minimo rumore ci faceva saltare per lo spavento.
Il mattino giunse prima del previsto e, alle prime luci, eravamo già tutti svegli, impauriti e infreddoliti; ci guardammo intorno, in quella casupola, che durante la notte non avevamo avuto il tempo di ispezionare; trovammo una botola. La aprimmo, e seppur intimoriti, ci entrammo, dopo aver recuperato una torcia trovata appoggiata su di una vecchia sedia. Scoprimmo che c’erano un infinità di gallerie sotterranee. 
Angy aveva coraggio e volle andare lei per prima, ma purtroppo calpestò qualcosa di strano: era una trappola e morì. 
A quel punto ci bloccammo, indecisi se proseguire nell’esplorazione e cercare una via di fuga o rimanere in quella baracca. Chi ci garantiva però che chiunque ci avesse attaccato durante la notte non ci avrebbe trovato? La decisione fu presa e Bob si inoltrò nelle gallerie. 
Pur tenendo gli occhi bene aperti, la sorte di Bob fu la stessa di Angy. Rimanemmo solamente in due.
Willy ed io proseguimmo l’esplorazione, consapevoli di non avere nessuna alternativa. Finimmo in una stanza, piena di tavoli, con alcune provette appoggiate sopra. 
Dietro a un lenzuolo appeso intravedemmo un’ombra, una figura. Ci avvicinammo e spostammo il telo: era Andrea, impiccata e pugnalata al petto. 
Proprio in quel momento, la torcia smise di funzionare.
Un terrore freddo s’impadronì di noi.
All’improvviso, sentimmo una presenza alle nostre spalle, ci voltammo e il bagliore di una lama squarciò l’aria.

Serena

1 commento:

  1. Bello! Se ti piace scrivere potresti sviluppare questa idea in un racconto più articolato.

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